Le autorità libiche e le milizie in controllo delle città meridionali devono garantire che le persone più emarginate siano tutelate nell’attuale emergenza pubblica dalla diffusione di COVID-19, ha riferito Amnesty International.
Il sistema sanitario pubblico della Libia è stato minato da anni di conflitti armati e insicurezza, inclusi attacchi a strutture mediche, l’esodo di personale medico qualificato e frequenti interferenze della milizia nella fornitura di servizi medici. Oltre a questi rischi generali, le discriminazioni preesistenti contro i gruppi di minoranze etniche come i Tabu e i Tuareg creano ulteriori ostacoli al loro accesso all’assistenza sanitaria.
I timori della diffusione di COVID-19 nella Libia meridionale espongono le comunità minoritarie a molte vulnerabilità, le quali hanno lottato a lungo per godere di un uguale accesso alle cure sanitarie. A causa di anni di conflitti armati, insicurezza e abbandono, il sud della Libia nel suo insieme è impreparato alla pandemia, in quanto privo di adeguate strutture per i test, attrezzature di protezione e operatori sanitari qualificati. “La situazione delle minoranze è particolarmente preoccupante, poiché devono affrontare ulteriori ostacoli nell’accesso ai due ospedali più grandi e meglio attrezzati della zona”, ha affermato Diana Eltahawy, vicedirettore regionale della MENA.
L’organizzazione ha parlato con professionisti medici, attivisti e giornalisti in tutto il sud libico. Da quando la Libia ha riferito il suo primo caso COVID-19 il 24 marzo, le cifre sono cresciute fino a toccare i 51 casi confermati e un decesso. Inoltre, i timori di violenza limitano l’accesso all’assistenza sanitaria e molte città e paesi sono state storicamente separate e discriminate a causa dell’affiliazione tribale e dell’etnia di provenienza. L’ancora presente ostilità tra i diversi gruppi delle milizie tribali ostacola il movimento delle persone in quest’area, incidendo sull’accesso delle persone all’assistenza sanitaria quando gli ospedali si trovano in aree controllate da gruppi rivali.
I Tabu (o Tebu) sono una minoranza etnica che vive in aree del Sudan, del Niger, del Ciad e a sud della Libia. Ad alcune persone di etnia Tabu è stata negata la documentazione che dimostra la cittadinanza libica fin dal dominio di Muammar Gheddafi e sono stati anche sottoposti a sfratti forzati, arresti arbitrari e detenzioni. Dal 2012, conflitti armati localizzati sono scoppiati tra abitanti di etnia Tabù e tribù arabe in molte città del sud.
I Tuareg costituiscono un altro grande gruppo di minoranza che vive nel sud-ovest della Libia, così come in Mali, Niger, Ciad e Algeria. Alcuni riferiscono di incontrare ostacoli nell’ottenimento della cittadinanza libica, che ha creato ostacoli per l’accesso all’istruzione, alla salute e al lavoro.
A Sabha, la più grande città della Libia sudoccidentale, i residenti Tebu hanno detto ad Amnesty International di evitare l’ospedale principale, che si trova in una parte della città controllata principalmente dalla tribù rivale Arab Awlad Sliman. I residenti di Sabha hanno spiegato che la paura della violenza spinge a curarsi gli uomini Tabu in un piccolo ospedale non attrezzato a Murzuq, una città prevalentemente composta da abitanti della loro etnia, a 180 km di distanza, invece che recarsi al principale ospedale di Sabha. A Murzuq, sono però disponibili solo quattro ventilatori polmonari e nessuno è stato efficacemente addestrato ad usarli, oltre alla sussistenza di una carenza di dispositivi medici di protezione individuale per tutti gli operatori sanitari.
Nella città sud-orientale di Kufra, le principali strutture mediche, anch’esse inadeguatamente attrezzate per gestire la pandemia COVID-19, si trovano in un’area controllata dalla tribù araba Zwai. Le cliniche controllate dai Tebu sono più scarsamente attrezzate e impreparate per affrontare l’epidemia. I residenti Tabu della città si astengono dunque dal recarsi nelle principali strutture mediche situate in aree controllate dalla tribù Zwai, proprio come a Sabha, poiché temono la violenza e devono invece fare affidamento su una clinica più piccola nell’area controllata dalla propria etnia. Alcuni membri delle comunità Tebu e Touareg si trovano ad affrontare ulteriori ostacoli nell’accesso all’assistenza sanitaria in quanto non possiedono documenti di identità per dimostrare la cittadinanza libica, necessari per accedere al sistema sanitario pubblico e gratuito. La mancanza di documentazione ha avuto anche gravi conseguenze economiche per loro e molti non possono permettersi di pagare privatamente le spese mediche. Né il governo di accordo nazionale riconosciuto a livello internazionale con sede a Tripoli, né l’esercito nazionale libico autoproclamato che controlla la Libia orientale e parti del sud, hanno annunciato misure per garantire l’accesso al sistema sanitario pubblico per i membri Touareg e Tebu, le due principali comunità senza documenti di identità validi.
I membri di entrambe le comunità sono anche potenzialmente i più vulnerabili agli impatti negativi nel caso in cui si verifichi un focolaio inaspettato di COVID-19, poiché vivono in quartieri poveri e densamente popolati come Taouiri a Sabha, dove il distanziamento sociale è sostanzialmente impossibile.
Fonti: Amnesty International