Tempo di lettura: 2 min.
Più di 160 morti nella frana della miniera di giada del Myanmar. La maggior parte delle vittime ritrovate erano arakanesi, soprattutto musulmani rohingya e buddisti. Probabile anche il ritrovamento di molti Kachin.
LA VICENDA
Una foto aerea scattata con un drone mostra soccorritori e volontari che cercano le vittime dopo una terribile frana in un sito minerario di giada a Hpakant, nello stato di Kachin del Myanmar, verificatasi il 2 luglio scorso.
I corpi di oltre 160 minatori della famosa miniera di giada sono stati estratti dopo lunghe ore da un mare di fango nella giornata di giovedì, dopo uno dei peggiori incidenti che abbia mai colpito il settore industriale, chiamato dagli abitanti locali “infido e pericoloso”.
I minatori qui muoiono ogni anno mentre lavorano incessantemente, essendo scarsamente regolamentati. E’ infatti tipico del commercio di giada, utilizzare lavoratori migranti a basso reddito per estrarre gemme molto ambite, da esportare nei ricchi paesi importatori come la Cina e i paesi arabi.

LE CAUSE E LA FRANA
Il disastro si è verificato, secondo le testimonianze locali, dopo che forti piogge avevano in precedenza colpito le miniere a cielo aperto, vicino al confine cinese nello stato di Kachin, dove miliardi di dollari di giada vengono estratti ogni anno dall’area montuosa, fangosa e dunque molto pericolosa.
Inizialmente, dopo le forti piogge, una fetta di montagna è iniziata a crollare, creando un torrente di fango che, scorrendo giù a tutta velocità, si è precipitato a valle, dando vita ad un lago color acquamarina, il tutto mentre i lavoratori si avventuravano in salita a svolgere le loro mansioni quotidiane.
“Sono stati soffocati da un’ondata di fango improvvisa”, ha affermato il dipartimento dei servizi antincendio del Myanmar in un post di Facebook. I soccorritori, compresi i vigili del fuoco e la polizia locale, hanno lavorato tutto il giorno per estrarre i corpi dal lago di fango, sotto un diluvio continuo di forti piogge monsoniche, che si abbattono ogni anno sul Myanmar e sulla vicina India. La conta delle vittime continua a salire, il tutto mentre la spietata industria delle materie prime e dei minerali preziosi va avanti, arricchendosi ogni anno di più, sulle spalle dei poveri lavoratori senza diritti e senza tutele.
Fonti: CNN Rohingya, Al Jazeera
